I vostri Contributi

25-05-2017 18:32:03 A cosa pensiamo, quando parliamo di legittima difesa?

Accade sempre più spesso che quando un fatto, anche doloroso e di per sé poco divertente, colpisce l’immaginazione dell’opinione pubblica, nel web si scateni la satira e il fatto diventi motivo di ilarità (social)mediaticamente amplificata. Non ha avuto sorte diversa la modifica della legittima difesa approvata recentemente dalla Camera dei Deputati: per giorni abbiamo assistito ad un florilegio di vignette e barzellette con le variazioni sul tema. Il ladro tenta di entrare in casa ma trova la strada sbarrata da un cartello che lo invita a tornare più tardi, di notte (leggi: quando il proprietario potrà impunemente sparargli); o si vede accolto dai bambini mandati ad intrattenerlo fino alla sera con la scusa del pigiama party. Dracula denuncia la penalizzazione della sua categoria e Gentiloni, che entra di notte nella sede del PD, viene affrontato da un Renzi pistolero che evidentemente vive lì e che, scambiandolo per un malintenzionato, gli spara. Meravigliosa, l’ironia: alleggerisce le pene quotidiane di un paese ancora oppresso dalla crisi e disorientato da una politica debole e imbelle, salvo che nella sfida a chi grida più forte.
L’urlo, stavolta, deve spaventare il predatore che si insinua nelle nostre case per rubare; ma, più che altro, deve rassicurare il cittadino, che ora sa di potersi difendere fino alle estreme conseguenze nel caso in cui sorprenda un ladro in casa di notte, subendo da ciò grave turbamento, senza dover poi subire un processo penale e magari una condanna.
Ancora una volta, si parla alla pancia dell’elettorato (e si rischia di legittimare l’idea di un diritto all’autotutela che si confonde con il farsi giustizia da sé) con una riforma inutile, fumosa, populista, a partire dall’aspetto che tocca il portafoglio: ovviamente il più sbandierato. L’onorario e le spese spettanti al difensore della persona che sia dichiarata non punibile per aver commesso il fatto per legittima difesa o per stato di necessità saranno a carico dello Stato. Senza che ci si ponga alcun interrogativo sulla costituzionalità della norma, che lascia le stesse spese a carico dell’imputato prosciolto per il ricorrere di altra causa di giustificazione (per esempio l’esercizio di un diritto).
La proposta del deputato Ermini, approvata dalla Camera il 4 maggio ed ora all’esame del Senato, riguarda innanzitutto il testo dell’art. 52 c.p., nel quale, al secondo comma, è introdotta una modifica in base alla quale si considera legittima difesa la reazione a un’aggressione commessa in tempo di notte, ovvero la reazione a seguito dell’introduzione in casa, in negozio o in ufficio, con violenza alle persone o alle cose, ovvero con minaccia o con inganno. Il nuovo testo dell’art. 59 c.p., inoltre, prevede che nei casi di cui all'articolo 52, secondo comma, la colpa dell'agente sia sempre esclusa quando l'errore è conseguenza del grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione posta in essere in situazioni comportanti un pericolo attuale per la vita, per l’integrità fisica o per la libertà personale o sessuale.
La modifica della norma che disciplina le circostanze dl reato non conosciute o erroneamente supposte (art. 59 c.p.) nasce – ci spiega la relazione che accompagna il testo di legge – dall’esigenza, da tutti condivisa, di garantire la massima tutela a colui che si trovi nella propria abitazione o attività commerciale.
Esigenza che, però, trova già una risposta significativa nel secondo comma dell'articolo 52 del codice penale attualmente vigente (fu introdotto dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59). Secondo tale comma, nei casi di violazione di domicilio sussiste il rapporto di proporzione, richiesto dal primo comma dell'articolo 52, se taluno, legittimamente presente in uno dei luoghi di cui all'articolo 614 dello stesso codice penale, usa un’arma legittimamente detenuta o un altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o l'altrui incolumità, ovvero i propri o altrui beni, quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione.
Questo l’autore della proposta di legge lo sa bene e lo evidenzia nella relazione; spiegando, però, che si è voluto fare un passo in più: pur in presenza di una disciplina della legittima difesa sufficiente e adeguata, si è ritenuto necessario agire sulla disciplina dell’errore, escludendo che l’eccesso di legittima difesa sia punibile a titolo di colpa se causato da errore dovuto al grave turbamento provocato dal ladro che agisce in ora notturna.
Dobbiamo chiederci: tutto questo ha un senso? No, non ce l’ha.
E che la fatica del nostro legislatore stia per risolversi, ancora una volta, in un intervento vuoto di significato perché ispirato alla solita logica propagandistica del diritto penale – bandiera lo hanno ben compreso, da subito, avvocati e magistrati che da sempre maneggiano lo strumento giuridico della legittima difesa.
Le norme già in vigore prevedono, com’è noto, l’esimente putativa. Se chi reagisce all’aggressione commette un errore di valutazione scusabile, la sua colpa è esclusa. E, nei casi concreti, è quasi sempre proprio lo stato di turbamento psichico a determinare l’errore, giustificabile. La nuova norma sul turbamento è, quindi, del tutto inutile.
Quanto alla previsione dell’aggressione in tempo di notte, è sin troppo facile osservare che non esiste una previsione normativa che delimiti il concetto di “notte”: un fatto che si verifichi alle 19 di una buia serata di gennaio è qualificabile come avvenuto in tempo notturno?
Con questo riferimento e con il richiamo al “grave turbamento” (altro concetto di non facile definizione e, soprattutto, foriero di prevedibili complicazioni in tema di prova) pare che il legislatore si muova nella direzione opposta a quella invocata da parte delle forze politiche che spingono per l’intervento sulla legittima difesa: se si voleva ridurre il margine di interpretazione discrezionale del giudice, si è invece finito per ampliarlo.
Quel che stupisce è che chi ha proposto il testo delle modifiche approvate dalla Camera pare perfettamente conscio dei rischi insiti nell’introduzione di concetti vaghi e passibili di interpretazioni elastiche. La relazione al nuovo testo, nell’affermare l’attenzione dei proponenti ad evitare il rischio che possano consumarsi veri e propri omicidi dolosi, in ambito familiare, magari premeditati, «mascherati» da legittima difesa, evoca la vicenda che ha visto coinvolto l'atleta Pistorius, che si è difeso affermando di aver scambiato la giovane fidanzata per un ladro entrato clandestinamente nella sua abitazione e di averla così uccisa. La Corte Suprema sudafricana, accogliendo il ricorso della procura che impugnava la sentenza che aveva condannato Pistorius per omicidio colposo, lo ha condannato per omicidio volontario. Evidentemente due interpretazioni diverse degli stessi elementi di fatto.
Oltre alle valutazioni più strettamente tecniche, lo scenario che la riforma della legittima difesa va delineando implica alcune valutazioni di portata più generica, che si formano all’interno di una considerazione inevitabilmente connessa alla proposta approvata: il possesso e il conseguente rischio di uso delle armi è un comportamento da incentivare attraverso l’adozione di posizioni giuridiche che ne ridefiniscano i limiti di utilizzo in senso aumentativo o è un comportamento da arginare e relegare possibilmente in spazi sempre più compressi in termini astratti e quindi sostanziali?
La domanda è impegnativa e non può certo trovare una risposta esaustiva in poche righe. Forse fra questi due estremi pare evidenziarsi una posizione di adeguatezza dell’attuale regolamentazione normativa, rispetto alla quale, francamente non sembrano cogliersi elementi di impellente necessità di modifica.
Certo se spostiamo la prospettiva argomentativa dal piano giuridico a quello politico, il passaggio diviene molto più comprensibile e parimenti il tentativo di dare risposta alla più volte affermata divergenza esistente fra il dato sull’andamento della criminalità e la percezione di insicurezza diffusa nelle nostre contrade con interventi normativi orientati in questa direzione.
Infatti la propaganda di questo modello comportamentale (difesa della proprietà aggredita, con ogni mezzo) ha visto l’addensarsi di coerenti esternazioni da parte di esponenti politici piuttosto abituati a dialogare con la pancia del loro elettorato (forse meno con il cervello). Fin qui nulla di strano. A essi si sono aggiunti alcuni esodati del mondo dello spettacolo che tramite interviste conseguenti a episodi di subìta vittimizzazione hanno reclamizzato l’idea di ricorrere al massiccio riarmo contro l’invasione criminale neobarbarica, riconquistando così brandelli di ribalta mediatica altrimenti perduta. Tutto sommato anche questo ci può stare. Ciò che proprio risulta incomprensibile è che esistano magistrati, anche di elevato livello funzionale, che affermano di percepire (e di affidare) la loro sicurezza personale nel porto d’armi. Francamente appare difficile rinvenire compatibilità fra il rappresentare lo Stato e al contempo dichiarare sfiducia nello stesso Stato e nella sua capacità di proteggere la sicurezza dei cittadini, soprattutto quelli che svolgono un ruolo di così elevato spessore e livello. Quale esempio possono rappresentare per i cittadini che tendenzialmente sono portati a vivere qualche cedimento nel loro senso di fiducia verso le istituzioni, i magistrati che dichiarano pubblicamente di circolare armati, di essere pronti a utilizzare l’arma in loro possesso o, addirittura, che vieterebbero ai propri figli di girare la sera senza un’arma addosso? Probabilmente ai summenzionati cittadini servirebbe molto di più un serio e corretto apporto informativo, che possa aiutarli nell’allestimento di altre e più accettabili misure di prevenzione del reato, come ad esempio spiegare che i furti nelle abitazioni avvengono per la stragrande maggioranza in orari nei quali gli autori di questo inviso reato ritengono di non incontrare i padroni di casa, penetrando nelle loro abitazioni, oppure che l’aver subito un furto in casa non influisce positivamente sulla probabilità statistica di incappare in altri furti ma anzi la recidiva situazionale specifica è purtroppo molto ricorrente; sarebbe bello che a divulgare questo genere di informazioni fossero proprio i rappresentanti più autorevoli del mondo giudiziario, magari affiancati dagli studiosi più accreditati del fenomeno criminale nelle sue innumerevoli e complesse sfaccettature. Probabilmente ciò favorirebbe la coesione sociale, e quindi la sicurezza integrata, molto più che incentivare e diffondere l’idea di doversi procurare un’arma per sentirsi sicuri. Il modello USA, nel quale circolano liberamente milioni e milioni di armi ha originato il tasso di vittimizzazione omicidiaria più alto del mondo occidentale; il fatto che invece di intraprendere strade totalmente differenti si provi ad seguire questa sciagurata direzione dà adito a più di qualche preoccupazione, anche in ordine alle motivazioni retrostanti che costituiscono una possibile risposta al quesito posto nel titolo.

prof. Carlo Alberto Romano*
avv. Stefania Amato
dott.ssa Luisa Ravagnani**
avv. Giovanni Salvi

*Docente di criminologia, Università degli studi di Brescia.
**Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Brescia.