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01-07-2018 23:54:15 La Camera Penale di Brescia ha partecipato al Progetto P4HR - Prison for Human Rights: rassegna cinematografica sui diritti umani con film proiettati anche in carcere

UN PONTE.
Come l'Edmund Pettus Bridge di Selma in Alabama, che nel 1965 traghettò i neri capeggiati da Martin Luter King al diritto di voto, così è stato quello che ha consentito il viaggio biunivoco dal carcere ed al carcere per detenuti e soggetti esterni, in nome della funzione risocializzante della pena. Questo il senso della rassegna cinematografica "P4HR - Prison for Human Right", che si è chiusa la scorsa settimana.

L'iniziativa non poteva non entusiasmarci e volentieri abbiamo accolto qualche mese fa l'invito del Garante, che in carcere aveva organizzato uno studio sui diritti umani con l'omonimo gruppo di lavoro di detenuti P4HR.
Come noi, ci hanno creduto ed hanno sostenuto la causa il Comune di Brescia, la Fondazione Brescia musei, l'associazione Carcere e Territorio, nonché generosi sponsor (Fondazione ASM, Congrega Apostolica della Carità, Maccalli sas, cooperativa Alborea) e Paxfilms, che ha saputo trasformare lo spazio imperfetto della palestra del carcere in una sala cinematografica.

E' così stato possibile proiettare sei film, che hanno visto la presenza di oltre 350 persone, tra detenuti ed esterni, in parte nel cinema cittadino del Nuovo Eden, per l'occasione aperto alla popolazione carceraria, in parte nella casa di reclusione di Verziano, per l'occasione aperta a quella cittadina.
Chi ci è stato ed ha visto i film, ha avuto modo di arricchirsi.
Sia perché le pellicole, presentate dai detenuti o precedute da un dibattito, hanno consentito di riflettere su diritti e temi fondamentali e più che mai attuali, tra cui: il diritto alla salute (Felicité), al lavoro (The harvest, Mediterranea), al voto (Selma), di asilo politico (Deephan) e l'importanza dello studio della Costituzione e del confronto su di essa tra italiani e stranieri (Dustur).
Sia, soprattutto, perché si è trattato di momenti di condivisione e di apertura mentale per tutti. In modo concreto: compartecipando la scena violenta o emozionante di un film, o la rappresentazione cinematografica di un reato, o la brezza nel parco del carcere; guardando con occhi diversi i panni stesi nelle grate alle finestre, sentendosi liberi o apprezzando la libertà nella cultura.
Per noi, poi, condividere i grembiuli e la cucina di Verziano per allestire il banchetto nella serata conclusiva ha avuto anche il significato di "sporcarci le mani".
Ha dato un senso al parlare di diritto, mentre si raccoglievano problemi pratici della vita quotidiana in carcere, come il pelare 30 kg di patate a mani e cercare una soluzione.
Ha dato concretezza all'idea di funzione rieducativa della pena: sentire da un detenuto che la sua speranza è trovare un lavoro nella cucina di un ristorante, dopo che vi si è dedicato in carcere, è la traduzione esatta dell'art. 27 della Costituzione.
Il diritto che nasce come, ma si traduce anche in, aiuto per la vita, alla fine.
(A cura della redazione della pagina Facebook della C.P. di Brescia)