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29-04-2014 00:18:51 Beccaria: il convegno di Livorno

Beccaria e il cenacolo culturale di casa Verri


La Camera Penale di Livorno, celebrerà con il convegno del 16 e 17 maggio prossimi, i 250 anni dalla pubblicazione dell'opera Dei Delitti e delle Pene, che proprio a Livorno vide la prima stampa.
E’ l’ennesima bella opportunità offerta dalla nostra impagabile Unione: date un’occhiata al programma per crederci.
Cesare Beccaria lo additiamo nel nostro logo, lo consideriamo l’autentico riformatore (tardo illuminista) di tutto il sistema del diritto penale, lo citiamo per quel suo trattato che l’Europa dell’epoca e gli enciclopedisti francesi in primis accolsero trionfalmente. Sarebbe buona cosa rileggerlo, se non decidersi a leggerlo: ma non è per questo che Vi scrivo.
Ne approfitto invece per prender spunto da quelli che furono i motivi di ispirazione del nostro perché suggeriscono un auspicio di attualizzazione.
Non v’è dubbio, al di là delle vicende umane o dei pettegolezzi, che un economista come il Beccaria trovò l’interesse del giurista allo studio e all’approfondimento dei problemi sociali grazie al “salotto” milanese di casa Verri. E tra i coetanei Pietro, Alessandro e Carlo Verri fu certamente il primo dei fratelli a condividere con lui la passione per la questione sociale alla ricerca di soluzioni illuminate, democratiche.
Pietro Verri, economista e letterato più che giurista, aveva a cuore in particolare la condizione dei carcerati, viveva le sanzioni – e ad ovvia ragione la massima capitale – come fini a se stesse e non come un mezzo di difesa sociale volto al conseguimento del bene comune. A questa visione di scopo sociale della pena aderì, con convinzione, Cesare Beccaria modellando il famoso “contratto sociale” ovvero quella somma di singole rinunzie alla libertà di tutti gli associati, di “minimo sacrificio di ciascuno”, da aggregare nella “volontà generale”, alla quale chiamava a cittadinanza il condannato. Dunque si andava affermando una funzione della pena da sottrarre al diritto-imperio del principe.
E prendevano altrettanto spazio i temi della contrarietà all’uso della tortura, dell’avversione alla carcerazione preventiva, della doverosa pubblicità dei giudizi, della necessità che il giudice non si faccia interprete della legge … (N.D.R.: qui mi fermo, per non temere di sognare!).
Centrale poi nella visione anti regime del Professor Beccaria (insignito del titolo, per la verità, con una cattedra in scienze camerali) diviene lo statuto della prova in direzione di un sistema processuale, non più “offensivo” ovvero inquisitorio, bensì “informativo” cioè accusatorio. Lo esprime in modo assai efficace in alcune pagine del suo trattato, che influenzeranno fortemente nel secolo successivo la collocazione della teoria del diritto penale nell’alveo delle scienze positive ad opera di Jeremy Bentham. Ricordiamone solo qualche parola: “il giudice diviene nemico del reo, di un uomo incatenato, dato in preda allo squallore, ai tormenti, all’avvenire il più terribile; non cerca la verità del fatto, ma cerca nel prigioniero il delitto e lo insidia, e crede di perdere se non vi riesce, e di far torto a quella infattibilità che l’uomo si arroga in tutte le cose. Gli indizi della cattura sono in potere del giudice; perché uno si provi innocente deve esser prima dichiarato reo; ciò chiamasi processo offensivo … Il vero processo, l’informativo … (N.D.R.: pretende) la ricerca indifferente del fatto, quello che la ragione comanda …”.
Questo scriveva ed insegnava Cesare Beccaria due secoli e mezzo fa. Ne è passata di acqua sotto i ponti, se ne è pure fatta di strada; ma quanti ammonimenti suonano ancora attuali!
Nel nostro tempo, di pensiero debole, si sono persi i salotti della buona cultura, ma resta qualche cenacolo intellettuale stimolatore. L’Unione lo è, la nostra Unione è proprio un piccolo, vivace, benedetto cenacolo culturale e politico.
Noi dell’Unione di questi ultimi anni siamo partiti proprio dalla visione sociale del ruolo dell’avvocato per ergerci a difensori del giusto processo, accusatorio, e da ultimo protettori dei carcerati.
Tanto basta per convincermi a rinnovare la passione o meglio la fiducia a 250 anni di distanza: non potranno durare a lungo le distorsioni e le umiliazioni. Lo ispira Cesare Beccaria, con Pietro Verri, mentre ce lo ricorda l’Europa, quella stessa che meglio seppe e sa apprezzare il messaggio intramontato ed ora universale risalente al 1784.


IL PRESIDENTE
(Avv. Sergio Genovesi)