29-06-2014 19:24:20 Per una vera giustizia Qualche giorno fa Francesco, così si firma il Pontefice, ha scritto una lettera sul tema della giustizia all'Associazione internazionale di diritto penale e ad un'associazione latinoamericana di penalisti e criminologi che celebrava il suo terzo congresso. Leggendola mi sono sorpreso per l'attualità (italiana) del messaggio (universale). Francesco è un Uomo di Dio, ma sa parlare ai laici prima ancora che ai fedeli con semplicità , chiarezza e acutezza.Premette: "Anche la Chiesa vorrebbe dire una parola come parte della sua missione evangelizzatrice, e in fedeltà a Cristo, che è venuto per «proclamare ai prigionieri la liberazione»" e poi affonda: "nonostante i cambiamenti storici, tre elementi sono stati costanti... ". Per quanto l'analisi e la proposta del Papa affondino inevitabilmente Ie radici nella roccia sicura della misericordia divina, ne ho avvertito la condivisibile sintonia con il dettato deIl' art. 27 della Costituzione ed ho deciso quindi di proporvele.1. La soddisfazione o riparazione del danno causato non può identificarsi con il solo castigo ovvero con la vendetta ("non si pone rimedio a un occhio o a un dente rotto rompendone un altro!"). Si deve avvicinare invece il reo alla condizione della vittima, accompagnandolo per mano: al bando la logica dell'inasprimento delle pene, del carcere incivile e troppo spesso preventivo, della gogna mediatica. La vita e la dignità delle persone restano tanto centrali quanto assenti nel volto nemico della nostra giustizia penale.2. La confessione ovvero la coscienza della propria colpa può essere la opportunità alternativa a non fare dell'imputato una vittima del sistema.Non bastano Ie leggi c.d. giuste se non si formano "persone responsabili e capaci di metterle in pratica". La delinquenza si origina dalle diseguaglianze economiche e sociali in un vortice criminoso che cerca "complici fra i più potenti e vittime fra i più vulnerabili". E' la società stessa che sbarra la strada a "quanti non sono all'altezza " e scoraggia il reo impedendogli di "reimpostare la sua vita senza restare schiacciato dal peso delle sue miserie".3. Costrizione e pentimento, come via alla verità ed al perdono, non eliminano né sminuiscono I'esigenza della correzione, ma lasciano aperta la porta all'aspirazione della reintegrazione effettiva nella società . Le misure per combattere il male non possono ridursi ad "isolare quanti lo hanno causato", devono piuttosto aiutare a far sì che Ie persone possano essere " lontane dalle loro miserie".Va ricercata quindi "una giustizia che sia umanizzatrice, genuinamente riconciliatrice, una giustizia che porti il delinquente, attraverso un cammino educativo e di coraggiosa penitenza, alla riabilitazione e al totale reinserimento nella comunità e va auspicata la "dimensione politica e istituzionale" del perdono perché non resti circoscritto solo "nella sfera privata".Parole sante! II suggerimento del mite, ma determinato, Francesco è diretto alla persona, credente o meno che sia, dunque a tutti. Il fatto che sia stato rivolto ad avvocati e operatori del diritto penale mi stimola a credere con più forza nella mission perseguita dalle Camere Penali. Altri, dai parlamentari ai magistrati, farebbero bene a rifletterci e seriamente.il Presidenteavv. Sergio Genovesi Approfondisci