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09-07-2014 14:54:14 il Ruolo sociale dell'avvocato

Un avvocato in carcere: Walid Abulkheir, attivista per i diritti umani dell’Arabia Saudita, è stato condannato a 15 anni di reclusione per “insulti alle autorità” e “sobillazione dell’opinione pubblica”. Era stato arrestato in primavera perché non si era riconosciuta legittimazione al suo osservatorio dei diritti umani, che continuava ad operare sfidando il governo. Aveva ed ha ricevuto il sostegno di Amnesty International, che ha additato all’opinione pubblica l’ennesimo “esempio evidente degli abusi commessi delle autorità saudite per mettere a tacere ogni dissenso”.
Walid, prigioniero di coscienza, è uno di noi e ci impone ancora una volta di riflettere sul ruolo sociale degli avvocati, in tutto il mondo, sotto ogni regime, anche democratico. La capacità di essere “tromba dei diritti umani” è propria della nostra professione, del pensiero trasversale che permea il difensore, del senso profondo del presidio dei diritti, della tutela indefettibile dello strumento processuale, insomma del sentirsi e dell’essere “cani da guardia” della legalità.
Ho coscienza che si tratta di considerazioni un po’ enfatizzate, se non enfatiche, per di più modestamente espresse da uno qualsiasi dei tanti Avvocati di questo Paese. Ma so anche che su questo fronte ci giochiamo l’essenza ed il futuro della nostra professione.
Da alcuni anni l’Unione spinge forte l’acceleratore in questa direzione e ci suggerisce anche di autogestire al meglio il problema pesantissimo dei numeri: l’essere tanti o troppi non è semplicemente una zeppa che porta al discredito per approdare alla delegittimazione, è pure la ragione – la più seria – per stabilire un percorso identificativo. Il rimedio (scommessa) è stato individuato nella specializzazione cioè nell’attrezzarci sempre meglio per far crescere schiere di avvocati apprezzabilmente formati.
E’ un percorso di medio, lungo periodo, che soffrirà nel frattempo le insidie delle riformette (un colpo al cerchio ed un colpo alla botte), proponendoci scenari di non agevole previsione.
In questa condizione è ragionevole compattarci e convincerci della strada che dovrà intraprendere la nuova Unione nel prossimo Congresso.
A mio giudizio, condiviso - ciò che conta – dai Colleghi del Consiglio direttivo e dagli Iscritti che si sono espressi nelle assemblee delle Sezioni, si giustifica una linea di continuità con l’immediato passato.
La Giunta, con la Presidenza Spigarelli, ha messo a nudo in particolare questa esigenza: quella di rivalutare e coinvolgere l’intera avvocatura penalistica, non nell’orbita elitaria di pochi esempi bensì nella cornice unitaria del DNA comune di tutti i difensori. Se è vero che il precipuo scopo statutario della nostra Associazione è quello di tutelare il giusto processo e le sue garanzie, va da sé che ogni iscritto ed ogni avvocato debbano essere parte di questa azione.
Il problema allora non sarà (banalmente) quello di stare nell’orbita dei difensori di prestigio, degli avvocati affermati, bensì quello di una crescita collettiva cementata dall’affermazione di un ruolo sociale.
Che significa “ruolo sociale”? Ai miei occhi significa che preparazione, consapevolezza ed etica deontologica si debbano coniugare per proporre la figura dell’avvocato come un affidabile protagonista della vita sociale. Nessun libro dei desideri, sia chiaro, nessun modello da super-uomo, nessuna perfezione irrealistica animano questa prospettiva. E’ semplicemente la constatazione della parità di partenza, che potrà svilupparci secondo merito, ma che dovrà rimanere parità delle condizioni per la condivisa adesione a principi universali.
Su questa direttrice noi ci siamo ed è per questo, principalmente, che privilegiamo il programma di uno dei due candidati alla prossima Presidenza (Salvatore Scuto).
Non ci convince l’idea proposta dall’altro (Beniamino Migliucci) della valorizzazione degli avvocati “che lavorano”, per mascherare il tema degli avvocati rappresentativi se non di prestigio. Ci pare una sgradevole allusione al fatto che fra i nostri Dirigenti si anniderebbero carrieristi extra professionali e del pari la proposta di una visione piuttosto elitaria o quanto meno per niente paritaria. Ce lo dice lo stesso andamento della nostra società, della politica, dove vanno affermandosi le partecipazioni di nuovi volti, di nuove energie e – perché no – di nuove intelligenze.
Il ruolo sociale dell’avvocato non prevede l’”avvocato per caso”, prevede semplicemente una valorizzazione professionale che si affermi nella società ed anche una valorizzazione sociale fondata sulla forza delle idee.
Certo il nostro amico arabo Walid Abulkheir si è affermato per l’importanza del messaggio che ha lanciato, non perché lo si preferiva come “principe del foro”. In un regime come quello dell’Arabia Saudita, una delle tante bieche dittature del mondo, inevitabilmente ci rimettono i martiri. Ma, intanto, quei martiri sono avvocati coraggiosi! Altrettanto negli (insidiosi) regimi democratici vorremmo che i dileggiati martiri (occulti) non arretrassero di un palmo e continuassero a costituire i referenti sicuri dei principi processual-democratici. Infine questi principi dovranno trovare tutori ed interpreti attrezzati a scongiurare il rischio delle compromissioni corrosive e striscianti.
Mi viene da dire: benvenuti Avvocati, bentornati. Grazie, amico Walid, la Tua sofferenza è la nostra, non sei solo, nemmeno noi chineremo il capo. Diversamente non saremmo Avvocati!




IL PRESIDENTE
(Avv. Sergio Genovesi)