Le nostre News

02-04-2015 20:00:56 Idee in Libertà...

pubblichiamo un interessante e propositivo intervento della collega Maria Luisa Crotti

Appello, prescrizione, responsabilità civile dei magistrati, intercettazioni: emergenze che dobbiamo affrontare subito ed alla maniera delle CP, cioè con numeri, fatti, statistiche che diano il senso della realtà alle dissertazioni televisive o convegnistiche, proponendo al legislatore ed alla politica testi di legge o interventi legislativi correttivi chiavi in mano, agendo dove le leggi si fanno. Questo, sia ben chiaro, non per renderci facile la vita nelle aule ma perché è giusto, perché risponde alle regole del giusto processo ed ai principi.
Ma cambiamo prospettiva e vediamo cosa dicono i magistrati, o meglio alcune importanti voci provenienti dalla magistratura, su tutto ciò?
Ingroia risponde ad un’intervista, che potete leggere sul Garantista, alla seguente domanda: “Quali le ragioni della lentezza del processo e come si può intervenire per accelerarne i tempi?” Risposta: “E’ arrivata l’ora di mettere in discussione l’esistenza del processo di appello, con un grado secco di giudizio ed un unico processo che decreti innocenza o colpevolezza di un imputato, si risparmierebbero un sacco di soldi e di energie. Ritengo poi necessario mettere fine alla corsa della prescrizione limitando l’abuso di questo strumento”
Sull’appello e sulla sua rilevanza nello svolgersi di un giusto processo che conduca ad un giusto giudicato quale che sia, verrebbero da pronunciare solo due nomi, per stare alla stretta attualità mediatica, Amanda Knox e Raffaele Sollecito. In appello sono stati assolti, correggendo una sentenza di condanna in primo grado, assoluzione confermata definitivamente dalla Cassazione. Quindi? Era rilevante o no il secondo grado di giudizio? E’ servito o no a correggere un tragico ma sempre possibile errore? Quali sono le priorità in un processo che sia di nome e di fatto giusto? Fare Giustizia o risparmiare tempo e denaro pronunciando una Sentenza qualsiasi, anche sbagliata, ma che accontenti “il popolo”? Sul punto è eloquente la denuncia dei Giudici Pratillo Hellmann e Zanetti (il primo presidente e l’altro consigliere della sezione che giudicò ed assolse in appello la Knox e Sollecito) i quali dichiarano di essere stati destinatari di dure e continue reazioni di sdegno e di crescente ostilità da parte dei colleghi, in particolare quelli che a vario titolo erano stai coinvolti nella vicenda. Pratillo Hellmann afferma, poi, testuali parole:”Mi resi conto che la mia Corte era una stata una voce fuori dal coro, in un tribunale dove tutti i giudici, a partire dal GUP per arrivare a quelli dei diversi riesami, pur criticando l’inchiesta, avevano avvallato l’accusa”. E allora, serve o no l’appello? Sarebbe però troppo facile chiudere così la questione e allora voglio richiamare l’esperienza della CP piacentina, che mi piacerebbe anche CPLO seguisse. I colleghi hanno costituito un osservatorio pene e, chieste le necessarie autorizzazioni, hanno esaminato e raccolto i dati sulle impugnazioni presentate ed annotate in calce alle Sentenze, poi hanno preso contatti con una ricercatrice in statistica e chiesto i dati alla Corte d’appello competente per il Tribunale piacentino ed elaborati dati e tabelle, hanno ottenuto i seguenti risultati: il 33,95% delle Sentenze è stato riformato in appello, il 21% totalmente ed il 12,95% parzialmente. Tra le sentenze riformate, una condanna a 7 anni trasformata in assoluzione, dove l’imputata aveva però purtroppo già scontato 1 anno di carcere. Ed ecco allora, nei numeri e nei fatti, senza travisamenti, senza letture distorte o pro domo propria, ciò che è nella realtà e cioè: l’appello è essenziale per evitare errori che, purtroppo, vista la percentuale delle sentenze riformate, non sono pochi. Certo, per ora l’esperienza del rilevamento dei dati è solo riferita alla CP di Piacenza ma se anche UCPI o altre CP adottassero questa idea e la trasformassero in progetto da realizzare nei vari distretti di Corte d’Appello, avremmo, come è stato in passato sulle ragioni dei rinvii delle udienze, il “re nudo”. Avremmo sfatato ogni distorta comunicazione e, su fatti concreti, potremmo chiamare a discutere la magistratura ma soprattutto, perché questo importa, il legislatore e la politica. Una volta riconosciuta l’importanza dell’appello, potremmo anche tornare a proporre un testo di legge ad hoc al legislatore, una legge che introduca il principio della doppia conforme e dunque, non un grado di giudizio secco, come vorrebbe Ingroia e non solo, bensi la certezza che, stante il principio della presunzione di innocenza, di fronte ad una doppia assoluzione ci si fermi e non se ne discuta più. Ciò ridurrebbe i tempi del processo ma non tout court, bensi in linea con i principi e le garanzie del processo “giusto”.
Anche sulla prescrizione non basta ed è controproducente astenersi, men che meno proclamare lo stato di agitazione, che significa buttare il sasso ma ritirare subito la mano. Gli argomenti ci sono, purtroppo e sono tanti, per dire che la prescrizione che si allunga, allunga di conseguenza ed ovviamente il processo; che una persona non può stare sotto processo per anni perché questa è un’ingiustizia, che ciò non fa bene nemmeno al processo, perché a distanza di anni la memoria cala e diventa fallace ed il processo si trasforma nella farsa delle contestazioni con produzione di s.i.t. che fonderanno il giudizio, alla faccia del contraddittorio tra le parti e delle regole di esame e controesame. A distanza di tempo, le persone cambiano e spesso si recuperano, per es. i tossicodipendenti, mantenerle sotto processo e poi magari condannarle quando sono altra cosa, non solo è sbagliato ed ingiusto ma è anche dannoso e controproducente. Ma anche qui non non basta, purtroppo, fare convegni, interviste, articoli, servono i fatti. E allora potremmo provare a raccogliere nel nostro distretto i dati sulla prescrizione e soprattutto, verificare nei numeri la fase in cui matura la maggior parte delle prescrizioni, anche qui credo scopriremmo il re nudo e da li potremmo ripartire con le proposte. Possiamo pensare ad un rilevamento dati “in casa”, utilizzando le sezioni, oppure possiamo delegarlo a società specializzata in statistica, come fatto in passato, oppure possiamo creare legami con l’Università con una borsa di studio per laureandi in giurisprudenza o statistica che elaborino una tesi su questo argomento e per il nostro distretto. I collegamenti con l’Università non ci mancano! Poi, fatto ciò, possiamo passare ad elaborare, partendo dalle conclusioni raccolte, testi chiavi in mano, che possiamo produrre al nostro interno”sfruttando” le capacità e le esperienze di chi tra noi si è dedicato a questo lavoro sino ad un recentissimo passato e penso, in primis, a Roberto Bruni ma anche ai tanti che lui stesso potrebbe unire a sé in questo lavoro, tanti nostri iscritti non impegnati nei direttivi sezionali o distrettuali ma persone capaci e con la voglia di battersi per un principio e per la giustizia. Faticoso? Richiede sacrificio? Occorre esporsi? Verissimo, ma noi siamo le CP e ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare! E’cioè troppo importante. E dobbiamo fare presto, prestissimo, potrebbe essere già troppo tardi. Non aspettiamo. Proviamoci ! Se funzionerà, sarà una buona prassi, un progetto da esportare, utile per tutti a livello nazionale. D’altra parte, così è nato il progetto scuola – carcere.
Guido Salvini, ora GIP a Cremona ma magistrato noto per processi importanti, ha recentemente pubblicato su “affaritaliani.it” un’analisi sul tema intercettazioni . Dice il dott. Salvini: “La facoltà di svolgere intercettazioni dopo un decreto ben motivato del giudice, non può essere compressa, perché il mondo di oggi è fatto di comunicazioni e non vi è delitto che non lasci dietro di sé una bava di contatti, telefonate, sms, tracce informatiche. Allo stesso tempo, le indagini servono per individuare i colpevoli e non per far circolare notizie carpite qua e là. Serve quindi ridisegnare l’udienza-filtro in cui le parti, il PM ed i difensori possano, con un obbligo di segretezza, (aggiungerei: rigorosamente sanzionato!) prendere cognizione di tutte le conversazioni ed indicare quelle che ritengono davvero utili per l’accusa e per la difesa prima di spedire al macero tutto il resto. Altrimenti le parole di un qualsiasi cretino, se indagato o intercettato, potranno sempre essere utilizzate anche se fakse, offensive o imbarazzanti e soprattutto inutili, per rendere pubblica sui giornali la vita di un terzo che non c’entra niente. Il problema non è una modifica ragionevole delle norme e delle prassi, facilissima da fare anche se se ne parla da anni. Il problema sono coloro che, negli opposti campi, sono poco in buona fede. Coloro e tra di essi molti politici, che lamentano la pubblicità dannosa ma vorrebbero eliminare tutte le intercettazioni pericolose per le loro attività disoneste e coloro che, tra i magistrati, certo non tutti, abbondano in intercettazioni e trascrivono conversazioni a loro dire necessarie per le indagini ma in realtà sono più che soddisfatti anche solo se le parole in libertànon serviranno a condannare ma comunque finiranno sui giornali dando così lustro alla loro inchiesta. In entrambi i casi, si chiama cattiva coscienza, rinnova uno scontro che continua da anni ed è pernicioso per chi fa politica, per i giudici, per la giustizia e per noi tutti.”
Io direi che vi è più di uno spunto da condividere e che, quindi, ben si potrebbe partire da qui, dalle parole del dott. Salvini e dal pensiero condiviso da altri magistrati in questo senso, Nordio ad esempio ma anche altri. Si potrebbe partire da qui per aprire un confronto con questa magistratura, più consapevole ed aperta, farlo con tavole rotonde sia a livello locale che nazionale, alla presenza di operatori (avvocati, giudici, giornalisti) ed anche dei cittadini più in generale. Potremmo proporre di formare un tavolo di lavoro a livello nazionale, che veda la partecipazione attiva e concreta di UCPI e di esponenti illuminati della magistratura, che, insieme, redigano e condividano un testo da proporre alla politica per superare l’impasse degli opposti veti. Andiamo oltre i muri, i preconcetti, i pregiudizi ed i personalismi, andiamo oltre e guardiamo all’obbiettivo ed al risultato da raggiungere, nulla è impossibile! Diamo voce alla buona fede , alla coscienza ed alla buona volontà . E’ questo il momento giusto, quello in cui la politica tocca ogni giorno con mano l’eccesso e l’abuso e non serve citare Lupi o D’Alema.
Infine, responsabilità civile dei magistrati: la parola ad Ilda Boccassini che recentemente avrebbe dichiarato ( Ristretti Orizzonti): “ In questi giorni è stato aperto un procedimento nei miei confronti su segnalazione di un avvocato di un processo per mafia. Non mi preoccupa per niente, tanto che sono scoppiata a ridere quando è arrivato. Ma poi ho riflettuto che un altro magistrato ha deciso di dare più credito a questo avvocato piuttosto che a me”.
Ovviamente, qui come spesso si fa nelle indagini e nel processo, la dott.ssa Boccassini usa una tecnica suggestiva; infatti, il fatto che chi ha fatto la segnalazione sia un avvocato e quali siano i suoi clienti o per quali reati siano chiamati a difendersi, non ha nessun rilievo, è solo una suggestione. O la segnalazione ha fondamento, oppure no ed evidentemente, se questa segnalazione è stata presa in considerazione da un magistrato e ne ha superato il vaglio, aveva un fondamento. Sarebbe stato grave il contrario e cioè, che il magistrato non l’avesse esaminata, vagliata e presa in considerazione, benché fondata, perché proposta da un avvocato che difende clienti accusati di mafia o perché proposta contro un magistrato come Ilda Boccassini. E’ una buona notizia, che fa ben sperare sugli effetti di una legge timida che però ha tentato di squarciare un velo di ipocrisia e corporativismo. L’opinione della dott.ssa Boccassini, però, la dice lunga su come sinora abbiano funzionato le norme ed il sistema della responsabilità dei magistrati e spiega, se ve ne fosse bisogno, perché dall’entrata in vigore della precedente legge sino alla sua sostituzione, siano state pronunciate solo 4 condanne. Peraltro la dott.ssa Boccassini e tutti noi, dobbiamo aspettarci che nel procedimento apertosi dopo l’esito positivo del preventivo vaglio sulla segnalazione de quo, siano esplicati tutti i diritti e vengano offerte rigorosamente tutte le garanzie a tutela dell’incolpato. Come deve avvenire nei processi, anche quelli per mafia peraltro. Chissà, magari vedere le cose da altri punti di vista, può aiutare a rivalutare l’impianto accusatorio e garantista del “giusto processo”.

Maria Luisa