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29-07-2015 11:57:01 ...un tiepido raggio di sole

riceviamo, e volentieri pubblichiamo, una riflessione del nostro collega Sergio Genovesi, sempre presente sul nostro sito con i suoi stimolanti articoli: a lui vanno i ringraziamenti del Presidente Porreca e dei componenti del Direttivo della camera penale distrettuale pr questo impegno sempre spontaneo ed efficace.

UN TIEPIDO RAGGIO DI SOLE

Luigi Ferrajoli non si è mai stancato di ricordare che il potere giudiziario è un potere terribile, secondo la definizione di Montesquieu, ma pure odioso, a detta di Condorcet. Ne ha illustrato il senso nel famoso intervento al Congresso di M.D. del 2013, ponendo al primo posto delle Nove massime di deontologia giudiziaria quella appunto sulla consapevolezza del carattere terribile e odioso del potere giudiziario. Lo ha ripetuto di recente nel contributo al libro Processo e legge penale nella Seconda Repubblica di Andrea Apollonio per Carocci editore, nel quale descrive il fallimento del paradigma garantista. Lo hanno affiancato illustri studiosi, come tra gli altri Giovanni Fiandaca, Massimo Donini, Gaetano Insolera; ma si sa, che simili moniti – sempre affiancati e condivisi dall’avvocatura penalistica - non hanno mai mietuto successi.
Capita di rado che si apra uno spiraglio, il più spesso grazie alla C.E.D.U.: quando accade, l’operatore, lo studioso, il politico serio hanno il dovere di considerarlo un passo in avanti nella prospettiva di una giustizia penale meno angosciante.
L’8 luglio 2015 la Corte Costituzionale (Giudice relatore Giorgio Lattanzi) ha creato uno di questi spiragli, pronunciando la sentenza N. 184 con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 bis, della L 24 marzo 2001 N.89 (previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 c.p.c.). Ne suggerisco la lettura, non essendo il caso di chiosare un testo esemplarmente chiaro e coerente.
Mi preme piuttosto additare la ratio della pronuncia, che ha modificato la legge Pinto andando ad incidere sulla durata del processo e sulla sua ragionevolezza, che, come è noto, è stata parametrata sui tre anni per il primo grado, due per l’appello ed uno per la cassazione.
Recependo il principio affermato dall’art. 6, paragrafo 1, della C.E.D.U. (ratificata dall’Italia con la L. 848/1955), la nostra Corte Costituzionale impone finalmente di considerare come termine iniziale non quello dell’assunzione della qualità di imputato o della legale conoscenza per l’indagato della chiusura delle indagini, bensì quello di conoscenza del procedimento penale a suo carico, in seguito ad un atto dell’A.G. cioè “fin dal tempo in cui una persona è venuta formalmente a conoscenza dell’esistenza di un’indagine a suo carico”.
Questo afferma la Corte per allinearsi alla giurisprudenza di Strasburgo formatasi peraltro sin dagli anni 70, nel dichiarare dovuto “un indennizzo idoneo a ristorare il patimento cagionato dalla eccessiva pendenza dell’accusa .... tale da ripercuotersi significativamente sulla vita dell’indagato”.

Chissà cosa ne pensano i nostri P.M., quelli che con più ardore si battono per l’allungamento dei termini di prescrizione. Chissà se lo Stato, sempre più esposto ai risarcimenti, saprà reagire. Chissà....
Per ora ci basta che una piccola tessera sia stata aggiunta al puzzle del garantismo.

Sergio Genovesi