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20-09-2015 17:37:15 contributi sulla riforma della giustizia

Nei giorni scorsi "il Foglio" ha pubblicato un intervento del prof. De Federico (che trovate in allegato), nel quale l'ex componente laico del CSM spiega per quali ragioni sia inopportuno che le commissioni sulle riforme siano formate per la grande maggioranza da magistrati. L'articolo ha suscitato un notevole dibattito, sulla stampa e sui social network, con interessanti contributi da vari esperti. Pubblichiamo di seguito il testo della lettera che Sergio Genovesi ha inviato al prof. di Federico, per ringraziarlo del suo acuto intervento.

Caro Professore,
grazie davvero di aver espresso pubblicamente la Sua lucida analisi critica, ancora una volta con indefettibile rigore e con encomiabile impegno. Noi avvocati delle Camere Penali Le dobbiamo molto ed è doveroso che gliene rendiamo merito. E' poca cosa che Io faccia un singolo iscritto (come me della Camera Penale della Lombardia Orientale), ma prendo l'iniziativa volentieri nel ricordo ancora vivo di una discussione avuta con Lei un paio di anni fa nella Sua Bologna alla presenza del nostro past-president, Avv. Prof. Gustavo Pansini: il linguaggio assai colorito da Lei usato non faceva certo torto all'acume della critica. Non a caso Lei commentava l'intervista appena fatta dal Presidente UCPI Spigarelli ad Orlando, quale responsabile di partito per la giustizia di lì a poco sarebbe stato nominato Ministro.
Non può non sovvenirmi allora quel che accadde al Ministro di grazia e giustizia del 1890, quando all'indomani della entrata in vigore del codice penale Zanardelli istituì la commissione Zucchini ritenendo necessaria una coordinata legislazione processuale penale, di pari stampo demo-liberale. Il nuovo codice arrivò 23 anni dopo, vedendo nel frattempo progressivamente accantonati tutti gli istituti ispirati al metodo accusatorio, che erano stati proposti dallo stesso Ministro Finocchiaro-Aprile prima ancora che dalla Commissione. Questo avvenne grazie alla insuperabile resistenza opposta dalla magistratura ( "autoconservatrice" anche allora).
Quella che Paolo Ferrua ha definito "l'intramontabile antitesi accusatorio/inquisitorio" ha resistito più di un secolo e pare debba avere vita ancora lunga. Non ci sono avvocati né studiosi che tengano, oggi come allora!
Dispiace constatare l'evidenza del danno: il "garantismo inquisitorio" è tuttora la strisciante espressione di un potere, anziché dell'ordine giudiziario. A maggior ragione le (apparentemente necessarie) riforme dell'O.G. e del C.S.M. vanno presidiate nelle commissioni da maggioranze sicure. Se non sorprende una politica "dorotea", chiamiamola così per amor di Patria, sconcerta invece la permanente incapacità critica, collettiva ed individuale, di chi si definisce "servitore dello Stato", per di più in nome della giustizia.
Se la dicono e se la fanno: gli altri sono ammessi solo a guardare.
Tra gli altri, gli avvocati, pur tra innegabili torti (veniali rispetto a quelli che subiscono), si ritrovano di fronte a percorsi sempre più accidentati. Nemmeno la rincorsa ai "diritti umani" ed una più accentuata vocazione alla funzione sociale li mettono al riparo da un accantonamento delegittimante, che è nei fatti. Ben vengano, quindi, voci autorevoli come la Sua o come quella recente di Sabino Cassese.
Tempo verrà e non è certo il cor che ce lo suggerisce.
Mi permetta di abbracciarLa, con stima e con riconoscenza.
Avv. Sergio Genovesi