27-09-2015 19:44:23 Riscrivere il futuro: sintesi dell'incontro Si è tenuta a Brescia, nell'ambitodel festival Le X giornate, la giornata realizzata con la collaborazione del Consiglio dell'Ordine degli avvocati.Tra le letture di Silvia Visini e il sottofondo del pianoforte suonato dal maerstro Cyrill Lehn, virtuoso pianista francese, il maestro Daniele Alberti ha diretto il dibattito tra il presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati e la professoressa Luisa Ravagnani, docente di crimonologia e recentemente nominata Garante dei diritti dei detenuti di Brescia.Il tema del festival è “Follia e Musica – Nutrimento dell'animaâ€, mentre l'argomento odierno è “riscrivere il futuroâ€. La prima domanda è: “è possibile riscrivere il futuro, domando la follia attraverso le regole?â€La risposta dell'avvocato è semplice e sintetica: “Noi viviamo di regole e nelle regole, regole che vengono quotidianamente modificate, spesso in modo disorganico tanto che le migliori riforme, come ha detto recentemente il prof. Cavallone, sono quelle che hanno cancellato precedenti riforme.†Se è evidente che la soggezione a regole mutabili nel tempo fa parte della nostra condizione, è altrettanto vero che, nel concetto di “riscrivere il futuroâ€, l'argomento più interessante ed attuale, che il Consiglio dell'Ordine degli avvocati ha ritenuto opportuno sviluppare è quello della funzione della pena e del futuro delle persone che l'hanno espiata.Per questa ragione si è ritenuto che ospite della conversazione dovesse essere la professoressa Ravagnani, cui è demandato l'arduo compito di rendere in pochi minuti i termini di un problema di ampie proporzioni.La prof.ssa Ravagnani interpreta le parole chiave di questa manifestazione “Musica e follia, nutrimenti dell'animaâ€, parole che si possono coniugare bene con l'argomento odierno, purché si pensi ad un concetto di follia inteso come tensione verso un ordine di superiore, cui sembra folle indirizzarsi.La costituzione parla di reinserimento, l'odinamento penitenziario di risocializzazione. Così pure le nomre europee ed internazionali, secondo le quali la pena non ha più una funzione meramente punitiva ma rieducativa.Il problema è dove, in che modo ed in quale contesto reinserirsi.Spesso manca un inserimento nella società già prima dell'ingresso in carcere, quindi spesso più che di reinserimento bisognerebbe provvedere ad un inserimento di un soggetto svantaggiato nel tessuto sociale.Inserire o reinserire le persone nel tessuto sociale, dando loro la possibilità di accettare e soprattutto di comprendere le regole della convivenza, porta a risolvere anche i problemi della ciriminalità dilagante, del bisogno di sicurezza sentito dai cittadini comuni.Uno studio condotto in Romania su 117 detenuti giunti a fine pena dimostra che si possono ottenere risultati solo se il reinserimento è rapido. I primi risultati devono vedersi entro tre mesi dal riacquisto della libertà e, se il percorso non è completato entro nove-dodici mesi il risultato è perso.La prof.ssa Ravagnani ha portato ulteriori esempi europei.Negli istituti spagnoli vige il protocollo del respecto, vigente in istituti sostanzialmente autogestiti, senza polizia penitenziaria. E' Follia?Nel Regno Unito, pur con numeri elevatissimi di detenuti, si pensa di puntare molto sui payback order, sul un sistema di risarcimento delle ferite inferte dal colpevole alla società attraverso lavori utili svolti secondo i dettami del giudice. La Norvegia è un ulteriore esempio di gestione differente della detenzione. Punta sul fine pena: coloro che escono dal carcere vengono collocati in abitazioni adeguate, gli viene trovato un impiego ed un sussidio.Tutti questi sforzi tendono ad uno scopo comune: la riduzione del tasso di recidiva. Questo perché è ormai assodato che, senza un reinserimento, chi esce di prigione ricade nel crimine con estrema facilità , a differenza di chi ha avuto le possibilità di iniziare un percorso di risocializzazione prima della fine della pena. Eppure per riscrivere il futuro c'è un altro aspetto del problema da affrontare nella “questione carcereâ€: il capitolo stranieri. Quindi non soltanto di reinserimento ma anche di integrazione è opportuno parlare.33% di presenze di stranieri in carcere, buona parte di fede islamica (vi sono persino 7 Imam negli istituti italiani): questo pone il problema dell'integrazione anche in relazione al post pena. Vi sono altresì 11 detenuti per reati di matrice di terrorismo di natura islamica.E non si tratta di persone escluse dalla nostra società bensì di soggetti che spesso hanno la propria famiglia in italia.Per concludere, ritornando alla follia come utopica riscrittura delle regole, si possono citare due esempi statunitensi: l'Oklahoma, dove il board della clemenza ha chiesto di dare una motivazione scientifica e criminologica per giustificare che un detenuto condannato a morte nelle prossime settimana “deserve to liveâ€, meriti di sopravvivere.Dall'altro lato l'Arizona, dove si stanno sviluppando studi sulla therapeuthic jurisprudence: un interessante modo per un avvocato di riscrivere la propria professione, che prevede di approfondire il rapporto con il proprio cliente, assistendolo nella fase processuale con competenze psicoterapeuthiche che gli consentano di affrontare il percorso giudiziario senza traumi.L'art. 27 della Costituzione è “follia†perché sembra impossibile il reinserimento, ma un conto è se si parla di follia per ciò che è impossibile ed un conto è se si parla di follia come di una tela bianca sulla quale un artista può esprimere tutta la propria fantasia.